Il surrealismo fiabesco di Rudolf Saksida, l’artista delle “Piccole cose ma non troppo”
Aperta fino al 29 gennaio al Museo Carà di Muggia a cura di Massimo Premuda e Jasna Merkù la rassegna dedicata all’artista goriziano

MUGGIA. Ancor prima di portare a termine i suoi studi all’istituto tecnico commerciale di Gorizia, Rudolf Saksida aveva scoperto la sua passione per il disegno. Iscrittosi alla Regia Università degli Studi economici e commerciali di Trieste, aveva iniziato a collaborare con il giornale umoristico “El melon” disegnando vignette, illustrazioni, caricature, firmandole sinteticamente “Sax”. Comprendendo che gli studi di economia non facevano proprio al caso suo, rientrato a Gorizia dopo aver prestato servizio militare a Lucca, trova impiego all’Ente Provinciale per il Turismo come grafico, illustratore e cartellonista. Poco dopo comincia a esporre assieme all’aeropittore Tullio Crali, da lui considerato “suo unico vero maestro”. Assieme espongono anche alla Biennale di Venezia del ‘42, nel Padiglione del Futurismo, ma sarà lo stesso Crali a osservare in seguito come l’aeropittura avesse rappresentato per il suo amico e allievo un mezzo per oltrepassare “le porte segrete della fantasia e della libertà”; una sorta di passaggio più o meno obbligato per poi approdare a un mondo fantastico tutto suo in cui la conoscenza dell’arte di Picasso, Klee, De Chirico o Spacal viene rielaborata in uno stile interamente personale, capace di fondere ironia e malinconia con grande liricità e semplicità.
Al mondo colorato, fiabesco, surreale, leggermente inquieto di Rudolf Saksida (Gorizia, 1913-1984) è dedicata la mostra inaugurata sabato scorso al Museo d’Arte Moderna “Ugo Carà” di Muggia, intitolata “Piccole cose ma non troppo / Malenkosti, a tudi ne”. Curata da Jasna Merkù e Massimo Premuda è organizzata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Muggia nell’ambito di “C’era una volta a Muggia…#6” per festeggiare i 110 anni dalla nascita dell’artista goriziano.
Sono state riunite diverse opere realizzate tra gli anni Cinquanta e Settanta, «il periodo più originale del suo percorso», sottolinea Massimo Premuda, in cui «emergono le sue caratteristiche figure che dell’infanzia e del gioco conservano l’immediatezza dell’irriverenza». Si possono ammirare una quarantina di oli su tela o su tavola che, disposti secondo un ordine cronologico, permettono di esplorare alcuni paesaggi istriani dalle atmosfere metafisiche, di un’ingenuità e una poesia quasi giottesche, accanto visioni più surreali animate da figure di musicanti e ballerine tali da rimandare alla pittura di Chagall; per giungere quindi a opere caratterizzate da figure piatte, stilizzate, vivacemente colorate, dall’aspetto ludico, magico e straniante al tempo stesso, dove le città sembrano costituite da blocchetti di legno e gli esseri viventi sommano componenti animali e umane in forma geometrica, guardando con occhi interrogativi.
In un’intervista radiofonica realizzata dalla sede regionale della Rai nel 1970, Saksida confessava di voler esprimere con la sua arte gli orrori della guerra, le sue conseguenze sulla civiltà contemporanea, con lo sguardo di un bambino.
Seguendo tale suggerimento in mostra viene documentata pure la sua attività di illustratore nel campo dell’editoria per l’infanzia. Si possono osservare le prove di stampa per “Martin Krpan” del 1951, i volumi “Storia del cavalluccio marino / Zgodba o morskem konjičku” del 1953 in doppia edizione italiana e slovena, le tavole originali a china su carta per “Mali samouk / Piccolo autodidatta” scritto da Boris Pahor nel 1963. Dello stesso Pahor vengono riproposti gli articoli sull’autore apparsi nel ‘50 sul “Primorski dnevnik” in occasione della mostra alla Galleria dello Scorpione di Trieste e nel ‘56 sulla rivista “Tokovi” con le riflessioni “Nello studio di Saksida”.
Vengono inoltre proposti due curiosi tavolini decorati per bambini e il video in super8 del 1969 da cui prende il titolo l’esposizione.
In questo insieme emerge chiaramente la versatilità dell’artista che «spaziava dal tratto a china ai pastelli a cera - ricorda Jasna Merkù -, fino alle tavole a tempera a pagina piena, ma osando anche con il collage nel caso delle copertine per i libri di testo. Facendo uso della fotografia, ha creato assieme ai suoi allievi della scuola di Capodistria il primo fotoromanzo sloveno nel 1953».
La mostra, resa possibile grazie ai prestiti del Teatro Stabile Sloveno di Trieste, di Maria Laila Saksida, Marco Spagnolli, Vid Tratnik e Giuliana Volk, potrà essere visitata a ingresso libero fino a domenica 29 gennaio. Sono previsti anche alcuni eventi collaterali dedicati ai più piccoli: al Teatro Verdi di Muggia all’interno della rassegna “PiccoliPalchi” dell’Ert Fvg e direttamente al Museo Carà, con due appuntamenti di avvicinamento alla lettura di Nati per Leggere dal tema “#ABASSAVOCE speciale Animali fantastici”. Info: www.muggiacultura.eu
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