Italo Moscati: «Fellini e Kezich, due anime divise tra l’amore per la loro città e il cinema

Oggi lo scrittore e giornalista milanese sarà al Circolo della Stampa per presentare il suo libro dedicato al regista riminese
20090817 - ROMA - ACE - E' MORTO TULLIO KEZICH. Tullio Kezich (S) con Federico Fellini durante la presentazione del libro "mille film", in una immagine del 21 giugno 1977. E' morto oggi a Roma a 81 anni non compiuti lo scrittore, autore teatrale e critico cinematografico Tullio Kezich. Lo si e' appreso da fonti della famiglia. Era nato a Trieste il 17 settembre 1928 ed era malato da tempo. Per volonta' dello stesso Kezich non ci saranno funerali e la salma sara' cremata. ANSA/DRN
20090817 - ROMA - ACE - E' MORTO TULLIO KEZICH. Tullio Kezich (S) con Federico Fellini durante la presentazione del libro "mille film", in una immagine del 21 giugno 1977. E' morto oggi a Roma a 81 anni non compiuti lo scrittore, autore teatrale e critico cinematografico Tullio Kezich. Lo si e' appreso da fonti della famiglia. Era nato a Trieste il 17 settembre 1928 ed era malato da tempo. Per volonta' dello stesso Kezich non ci saranno funerali e la salma sara' cremata. ANSA/DRN



Nell’anno in cui ovunque la Settima Arte si inchina davanti a uno dei suoi protagonisti più leggendari, Federico Fellini, nato un secolo fa, anche Trieste partecipa a questa “festa mobile” del Maestro per antonomasia. Dopo la mostra di fotografie al Magazzino delle Idee (fino al 1° marzo) e le proiezioni dei suoi classici al Teatro Miela, è ora il Circolo della Stampa a organizzare oggi, alle 17.30, un incontro con uno dei maggiori esperti italiani di Fellini, il giornalista, scrittore e regista milanese Italo Moscati. Autore del fresco volume “Federico Fellini. Cent’anni: film, amori, marmi” (Castelvecchi, pag. 208), Moscati ci anticipa come ha impostato questo suo nuovo studio sul regista riminese. «Si tratta di una biografia che racconta le luci e le ombre che hanno avvolto la vita e la carriera di Fellini – spiega -. È un ritratto di Federico come persona, come autore e come personaggio pubblico, che ho cercato di tracciare analizzando non solo i film, ma anche un materiale molto vasto di suoi scritti e interviste».

Cosa diceva Fellini di se stesso?

«Gli piaceva molto raccontarsi, e lo faceva con la stessa arte e fantasia con cui costruiva le sue storie per lo schermo. Ma usava queste occasioni anche per uscire dal chiacchiericcio generico che circondava la sua figura, e per correggere certe interpretazioni superficiali o sbagliate che venivano affibbiate alla sua opera. Non a caso nella finzione di ‘8 e ½’ fa impiccare un critico particolarmente velenoso».

Non ce l’aveva però con tutti i critici, per esempio Tullio Kezich…

«Infatti Kezich era il più acuto fra tutti i critici, ha intuito prima degli altri la grandezza di Fellini e fra loro è nata prestissimo una grande amicizia. Si è trattato dell’incontro fra due sensibilità particolarmente vicine, che avevano in comune ad esempio l’ironia o il senso della costruzione drammaturgica, perché Kezich era anche scrittore e sceneggiatore, oltre che critico. Fellini chiese proprio a lui di stendere un diario giorno per giorno della lavorazione della ‘Dolce vita’, e Kezich riuscì nell’impresa di descrivere narrativamente la nascita di quel film straordinario. A Tullio ho dedicato il mio primo libro su Federico, ‘Fellini & Fellini’, ovvero un uomo diviso fra il ricordo di Rimini e l’attrazione per Cinecittà. Perché anche Kezich era diviso fra il ricordo di Trieste e il fascino della capitale del cinema».

Cosa emerge del Fellini privato?

«Era una persona particolarmente spiritosa e curiosa, attratta da tutto ciò che stava al margine o addirittura fuori dalla realtà. Seguiva gli oroscopi e annotava su un taccuino i sogni appena sveglio. Amava le persone socialmente invisibili o fuori dal gioco dei potenti, un girotondo di creature semplici e fanciullesche, maghi e pagliacci, intellettuali falliti e comparse della vita. Sullo schermo tutti emanavano una grande simpatia, anche la star in apparenza svitata Anita Ekberg, capace nella ‘Dolce vita’ di grandi e sottovalutati gesti d’amore».

Quali sono i registi che Fellini ammirava di più, e quali invece i registi più influenzati da lui?

«Federico da ragazzo seguiva soprattutto Charlie Chaplin, amava il cinema comico popolare americano e quel tipo di intrattenimento divertente e romantico. Poi, a Roma, Fellini è stato praticamente adottato da Roberto Rossellini, che ne ha fatto il suo aiuto regista e gli ha tramandato quella voglia di raccontare la nuova Italia del dopoguerra. L’idea felliniana del cinema come sogno ha influenzato molti importanti registi: americani come Woody Allen e Martin Scorsese, europei come Peter Greenaway e François Truffaut, italiani a partire da Lina Wertmüller».

Si può dire ancora qualcosa di nuovo sulle sue opere chiave?

«Certamente ‘La dolce vita’ e ‘8 e 1/2’ hanno rappresentato una vera e propria svolta nel cinema italiano e mondiale. Con quei due capolavori irripetibili Fellini ha raccontato, al di fuori degli schieramenti politici, l’Italia moderna uscita dalla guerra con tutte le sue contraddizioni e i problemi di modernizzazione difficili da risolvere. Intuendo pure che non sarebbero stati risolti, come oggi ci stiamo accorgendo. Con quei due film, Fellini tentava di uscire dalla strettoia di un Paese che lui non apprezzava, facendo capire che non si stava costruendo nulla. Infatti, dopo quei due film molto ancorati alla società, ha realizzato solo opere di esasperata fantasia e di visioni surreali». —

Riproduzione riservata © Il Piccolo