Lo sguardo di De Nittis un rivoluzionario che dipingeva dall’atelier itinerante

Il più impressionista dei pittori italiani della seconda metà dell'800, Giuseppe De Nittis, diceva di conoscere «tutti i colori, tutti i segreti dell’aria e del cielo nella loro intima natura». La sua pittura fatta di tocchi rapidi, concentrata su poche, essenziali cromie, riesce a esprimere pienamente il sentimento del vero.
La mostra “De Nittis e la rivoluzione dello sguardo” attualmente allestita a Palazzo dei Diamanti di Ferrara intende ripercorrere la vicenda artistica di questo pittore mettendo in evidenza la sua carica innovativa e il suo modo di guardare la realtà.
Di origine pugliese, era nato a Barletta nel 1846; dopo aver frequentato l'Accademia di Belle Arti a Napoli dà vita alla cosiddetta Scuola di Resina insieme ad altri pittori che, come i macchiaioli toscani negli stessi anni, vogliono dipingere all'aria aperta, a diretto contatto con la natura, cercando di catturare le variazioni atmosferiche e le vibrazioni di luce.
Nel 1868 decide di stabilirsi Parigi. Qualche anno più tardi l'importante mercante d'arte Adolphe Goupil gli propone un contratto in esclusiva. Nel 1874 espone con successo al Salon di Parigi e, unico italiano, viene invitato da Edgar Degas a partecipare alla prima mostra impressionista nello studio del fotografo Nadar.
In anticipo sulle analoghe esperienze di Degas e Manet, sperimenta la tecnica del pastello per paesaggi che affascinano l'amico scrittore Edmond de Goncourt il quale scrive: «De Nittis possiede delle vedute di Parigi, eseguite di getto a pastello, che m’incantano. C'è l’aria nebbiosa di Parigi, c'è il grigio del suo selciato, c'è la silhouette indefinita dei suoi passanti».
Torna di frequente a Napoli e soggiorna ripetutamente a Londra, ma è a Parigi che si sente veramente a casa, accanto alla moglie Léontine, in compagnia degli amici pittori Manet, Degas, Caillebotte e degli amici scrittori Zola, Maupassant, Edmond de Goncourt. Morirà improvvisamente a soli 38 anni, a Saint-Gérmain-en-Laye, all'apice del suo successo.
In mostra i suoi paesaggi del lungosenna, delle piazze e dei viali parigini si sommano alle vedute del golfo di Napoli, alle “Impressioni del Vesuvio”, agli studi di nuvole e di mari in burrasca che ricordano Courbet, alle “Nubi su Westminster”, ad alcuni ritratti femminili in interni di gusto giapponese. Ad accentuare la modernità del suo sguardo, la novità delle sue inquadrature, dei suoi tagli compositivi, delle sue sorprendenti prospettive, c'è un cospicuo numero di fotografie d'epoca, di Edward Steichen, Gustave Le Gray, Alfred Stieglitz e molti altri, oltre ad alcune delle prime immagini in movimento dei fratelli Lumière: a suggerire analogie di intenti e di visioni nel raccontare paesaggi naturali e soprattutto la città.
Le donne che salgono in piedi su una sedia per vedere meglio le corse dei cavalli all'ippodromo di Longchamp ritornano sia sulle tele che nelle fotografie di qualche anno successivo, così come i cantieri cittadini o un'inattesa nevicata con il Bois de Boulogne che si anima di pattinatori.
Le strade con le carrozze nelle fotografie sia di Parigi che di Londra ci ricordano poi come De Nittis, in entrambe le città, usasse dipingere nel suo “atelier itinerante” allestito proprio in una carrozza dapprima presa a noleggio, poi addirittura acquistata: ad ulteriore conferma dell'originalità del suo punto di vista, della sua capacità di cogliere con immediatezza l'essenza della vita moderna.
La rassegna, curata da Maria Luisa Pacelli, Barbara Guidi e Hélène Pinet, aperta fino al 13 aprile, è accompagnata da un catalogo che approfindisce il rapporto del pittore con la fotografia, la centralità della sua figura nelle trasformazioni del sistema dell’arte parigino alla fine dell’Ottocento, la sua personale interpretazione della pittura di paesaggio urbano e il ruolo decisivo della moglie Léontine, modella prediletta nonché sua abile manager. —
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