Sfrattato dall’Acquedotto, Ettore Schmitz ritrova la sua casa natale in via Mazzini 27

TRIESTE. Questa volta tocca lasciare la via vecchia per la “Nuova”, ne sono sicuro. Tanto da introdurre un nuovo punto, fin qui sconosciuto, nella topografia letteraria di Trieste, posizionando una nuova “stazione” della linea rossa letteraria di Triestemetro in corrispondenza della casa in cui è nato Italo Svevo. Un indirizzo diverso da quello che è stato “ufficialmente” la casa natale dello scrittore per quasi sessant'anni, da quel 19 dicembre 1961, centenario della sua nascita, quando il Comune ha posto una lapide sul numero 16 di viale XX Settembre. Da quel marmo in cui è stato scolpito, poi, quell'indirizzo è ovviamente transitato in tutte le biografie e i saggi dedicati allo scrittore diventando un dato di cui nessuno ha mai dubitato. Peccato che era sbagliato.
Ma se non era il posto giusto, perché è stata messa lì? A essere sincero, non lo so. Quello che so è che per qualche ragione – forse una di quelle lacune della trasmissione orale di cui ci si rammarica sempre troppo tardi, quando gli unici che avrebbero potuto colmarla non ci sono più – gli eredi di Svevo, la figlia Letizia e il genero Antonio Fonda Savio (essendo la moglie Livia scomparsa quattro anni prima), in quel 1961 non sapevano dove quella benedetta lapide dovesse essere collocata.
Altrimenti non avrebbero avuto nel loro archivio, poi transitato al Museo Sveviano, un documento manoscritto che riporta tutti i dati dell'indagine condotta a partire dai censimenti dell’amministrazione asburgica, secondo cui “Raffaele detto Francesco Schmitz”, il papà di Svevo, nel 1857 risulta residente in via S. Sebastiano 4 (n. tavolare 186), nel 1870 in via dell’Acquedotto 13 (n. tav. 1593) e nel 1878 ancora in via dell’Acquedotto (cioè, appunto nell'odierno viale XX Settembre) ma al n. 10 (n. tav. 1785).
E fin qui siamo d'accordo. Solo che da questi dati è scaturita un'inferenza – scarsamente – autorizzata dai tanti riferimenti all'Acquedotto che si trovano nell'opera e nella biografia di Svevo (in Senilità, in un articolo del 1921 sulla “Nazione” di Trieste in cui lo definisce “il nostro Montmartre” per la ricchezza di teatri, cinema e caffé, nel Diario del fratello Elio e nello scherzoso giornalino familiare dei fratelli Schmitz, intitolato “Adotajejojade”). Escluso l'indirizzo di via S. Sebastiano, devono aver dedotto che nel 1861 gli Schmitz abitassero appunto in Acquedotto, evidentemente al numero 13 e non al 10 dove si sarebbero trasferiti dopo il 1870.
E, riferisce ancora il documento, ben quattro esperti i cui nomi sono citati esplicitamente - “due del tavolare ed uno del catasto, nonché con la guida di un notaio” - avrebbero confermato che l'immobile col numero tavolare 1593 corrispondeva al numero 13 di via dell'Acquedotto a fine '800 e oggi al 16 di viale XX Settembre. E neanche questo, con buona pace degli esperti che non cito perché è improbabile che possano ancora difendere il loro onore professionale, è esatto. Proprio no.
Ora, constatato che gli eredi non sapevano e verificata la superficialità delle ricerche condotte è stato abbastanza ovvio per me, che di Svevo mi occupo da vent'anni, avviare un'indagine ex-novo per accertare dove mai abitasse la famiglia Schmitz nel dicembre del 1861. Scoprendo che ricavarlo non era poi così impossibile. Il “Registro dei Nati” 1860-1883 della Comunità Israelitica, consultato per me in periodo di lockdown da Annalisa Di Fant e Livio Vasieri, che me ne hanno fornito la riproduzione, mostra senza dubbio che “Aron detto Ettore”, di Raffaele Schmitz e Allegra Moravia, maschio, legittimo, presentato dal padrino Aron di M. Segre e assistito dal “mohel” (circoncisore) Minerbi, è nato il 20 dicembre 1861 (anno 5622 secondo il calendario ebraico) in un appartamento dell'edificio contrassegnato dal tavolare 765 che corrispondeva al civico 21 di via Nuova, l'attuale via Mazzini 27.
La collega Paola Ugolini dell'archivio storico del Comune, me lo conferma. Il palazzo oggi non esiste più perché è stato riedificato nel 1930 “a fundamentis” come si legge sulla brutta facciata fascista su cui ora abbiamo posto una targa grazie alla sensibilità dei condomini. E se a qualcuno venisse il dubbio che il registro della comunità ebraica sia impreciso avendo registrato la nascita di Svevo il 20 anziché il 19 dicembre, che invece è corretto per diretta testimonianza scritta di Svevo, ci sono altri archivi indipendenti che soccorrono: il censimento “tavolare” del 1 dicembre 1865 mostra che a quella data gli Schmitz erano ancora tutti lì, in via Nuova 21, ossia in via Mazzini. Italo Svevo non è nato nella via dei teatri e dei caffé, ma in una via delle vie del commercio che conduce al mare e al porto. La dicotomia fondamentale fra il regno di Minerva e quello di Mercurio ha segnato la sua vita fin dal primo istante.
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