Uno scrigno, due tesori: quattro visite tra i "segreti" della Curia

La cappella della Trinità e il sito archeologico romano protagonisti del viaggio storico-artistico in Cavana
Un particolare del tabernacolo della cappella del Vurnik
Un particolare del tabernacolo della cappella del Vurnik

TRIESTE Alla scoperta più dettagliata dei siti archeologici ospitati all'interno del palazzo vescovile, tra vestigia romane e resti ottocenteschi. Nella sala dei vescovi della sede della Diocesi di via Cavana 16, si apre "I tesori dell'episcopio triestino", viaggio storico-artistico a cura della Cattedra di San Giusto in collaborazione con il Circolo della cultura e delle arti. Calendario disegnato da appuntamenti pomeridiani, tutti racchiusi nel mese di febbraio e basati su visite guidate mirate alla cappella dedicata alla Santissima Trinità e ai resti del sito archeologico romano riemerso tra il 2007 e il 2012 nei pressi del palazzo vescovile.

Uno scrigno, due realtà. Patrimoni del tutto opposti in chiave di epoche e contenuti ma forse ancora semisconosciuti alla cittadinanza, un dato che ha esortato l'ideazione del progetto da parte dell'avvocato Sergio Pahor, responsabile della sezione arti visive del Circolo della cultura e delle arti, percorso poi sostenuto dalla critica Franca Malabotta e realizzato grazie all'architetto Aldo Pahor e a Gianfranco Guarneri, l'attuale vertice del Circolo delle arti, la sigla che approda quest'anno al suo 70° dalla fondazione e che ha pensato di incastonare la rassegna targata Cattedra di San Giusto nell'ambito delle celebrazioni.

La cappella della Santissima Trinità, realizzata tra il 1912 e il 1915, è un'opera dell'architetto Ivan Vurnik (1884-1971), un allievo di Otto Wagner e definito tra i fondatori, unitamente a Joze Plecnik e Max Fabiani, della scuola architettonica slovena. Il sito richiama lo stile Liberty, si avvale di un cromatismo dominato dall'oro e dal bianco (bicromia "crisoelefantina") ed espone, oltre a una raffigurazione di Sant'Andrea - opera in onore dello stesso Andrea Karlin, il vescovo dell'epoca - anche un significativo stemma ligneo riportante il legame delle sedi diocesane di Trieste e Capodistria, emblema che rispecchia quasi una sorta di gemellaggio, spirituale e linguistico.

La parte archeologica romana è nutrita da una serie di spunti anche piuttosto originali. Il secondo dei "tesori" da visitare da vicino comporta infatti i resti di una villa romana affacciata sul mare e il tratto di una strada litoranea impreziosita da alcune opere portuali quasi desuete per il periodo, come le bitte in pietra. Il ciclo di incontri e visite legate ai "Tesori dell'episcopio triestino" all'interno del palazzo vescovile proseguirà giovedì 11, venerdì 12, giovedì 18 e venerdì 19 febbraio, sempre dalle 16 alle 19.

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