Tre sguardi (e due Gorizie) per parlarsi davvero nella mostra a Casa Marassi
Le immagini di Steve McCurry, Alex Majoli e Meta Krese nella mostra “Tre sguardi” fino al 18 gennaio 2026 a Gorizia

Entri a Casa Morassi e arriva quel momento, provi quella cosa. Hai la sensazione che Gorizia e Nova Gorica non siano più due città. Le avverti come due respiri di un soggetto unico. È qui che si apre Tre sguardi. Racconti fotografici inediti per GO!2025, una mostra che non pretende di spiegare il confine, né di renderlo innocuo. Perché preferisce guardarlo negli occhi. Per farlo ha convocato tre fotografi che lo sguardo lo trasformano in una forma di diplomazia visiva: Steve McCurry, Alex Majoli e Meta Krese.
Il progetto nasce dal CRAF, che ha immaginato una campagna fotografica capace di raccontare le due città in vista dell’anno da Capitale europea della cultura. Un gesto coraggioso: affidare a tre personalità così diverse un territorio che da sempre sfugge alle definizioni. McCurry, Majoli e Krese hanno risposto ognuno con un viaggio, una modalità narrativa, un alfabeto di luci proprio. Il risultato è questa mostra. Che non è una somma, ma una conversazione. Un coro a tre voci che – proprio perché non cerca per forza di essere armonico – funziona.

Steve McCurry ha scelto la via che gli è più congeniale: il ritratto. Ma non un ritratto qualsiasi: volti di testimoni, di protagonisti grandi e piccoli della storia isontina, raccolti grazie al lavoro di ricerca giornalistica condotto da Roberto Covaz (storico giornalista del Piccolo, oggi impegnato in importanti progetti culturali sul territorio).
In questa scelta c’è qualcosa di semplice e di magistrale. McCurry si allontana dall’idea di ingabbiare il confine in una teoria. Piuttosto, a quel confine chiede di parlare attraverso le persone. Di raccontare, dunque. Così emergono storie celebri e altre quasi invisibili, episodi che hanno segnato la vita di molti o solo di una famiglia, frammenti che diventano icona senza diventare retorica. Anche i video che seguono McCurry durante lo shooting – poi confluiti in un documentario firmato da Marco Rossitti – restituiscono questo suo procedere lento, paziente, quasi ostinato. Come se dicesse: “Lasciatemi tempo. Il confine, prima o poi, si lascia fotografare”.

Alex Majoli invece ha preso una direzione diversa, quasi fisica: seguire l’Isonzo, il fiume che ha diviso e che ora unisce, teatro naturale e simbolico di ogni storia di frontiera. Le sue immagini sembrano costruite come scene di un film: incendi sul Carso, feste popolari, tuffi che spezzano l’acqua, migranti in movimento. Tutto appare sospeso e al tempo stesso teatrale. I suoi soggetti non sono semplicemente incontrati: sono convocati. Majoli li mette in scena, li lascia agire, li trasforma – senza tradirli – in attori delle loro vite. È uno sguardo che conosce il confine perché lo attraversa senza farsene sorprendere: per lui il margine è un luogo, non una minaccia.
La terza anima del progetto è rappresentata da Meta Krese, che decide di entrare nelle case. Il suo percorso è fatto di famiglie che vivono da entrambe le parti della linea, con naturalezza o con fatica. Famiglie che hanno storie miste, radici incrociate, o comunque una consuetudine quotidiana che trascende ogni geografia. Krese costruisce veri e propri assemblage: una grande foto centrale, a colori, spesso in un interno domestico che potrebbe essere ovunque; attorno, immagini dinamiche, in bianco e nero, ambientate nei luoghi simbolo delle due città. È una narrazione che scompone e ricompone, che si muove tra il reportage e la staged photography, tra la vita colta sul momento e la posa ragionata. Le foto sembrano porci una domanda, sotterranea, implicita, sottovoce: “Questo confine, dove si trova, davvero? È fuori casa oppure nella nostra testa?”.

Quello che colpisce, percorrendo le sale di Casa Morassi, è la maniera in cui questi tre mondi si parlano senza calpestarsi o prevaricarsi. McCurry porta l’umanità frontale dei volti, Majoli la teatralità del paesaggio e delle comunità, Krese il racconto intimo delle famiglie e delle loro case condivise. Insieme costruiscono un “atlante emozionale” delle due Gorizie (che poi sono una sola): è stata anche una celebrazione istituzionale, ma qui assume un’altra vocazione, profonda. Quella di un racconto di chiaroscuri, ironie, contrasti. Il confine non è mai stato semplice, e non inizierà a esserlo oggi. Ma è questa complessità il vero territorio esplorabile. Puoi viverlo, interpretarlo, attraversarlo, procedere, tornare sui tuoi passi. Deviare. Fare una sosta e riflettere. Guarda, eccolo, il confine. Le strade, le case, i fiumi. È vivo.
Anche per questo la mostra inaugura Casa Morassi dopo il restauro: un luogo che si apre, che si riconsegna alla città e che diventa simbolicamente il posto giusto per accogliere tre letture nuove di un territorio antico. Tre modi per restituire alla cultura l’onore do un respiro vivente senza etichette.
Il progetto si completa con tre pubblicazioni – una per autore – raccolte in un cofanetto che raccoglie tutte le immagini e i testi critici di Alvise Rampini, Michele Smargiassi e Roberto Covaz. Un ulteriore invito a tornare sulle immagini, a rileggerle dopo averle viste, a usarle come bussola in un territorio che ha fatto della complessità la sua identità più vera. Sono tre sguardi ma non devi sceglierne uno solo. Ti basterà entrare a Casa Morassi e lasciarsi ispirare: le rughe sui volti, i sorrisi a metà, la sfida di una scena.
Le informazioni
Tre sguardi. Racconti fotografici inediti per Go!2025 è in mostra a Casa Morassi (Borgo Castello, Gorizia) dal 25 ottobre 2025 al 18 gennaio 2026.
Orari: dal lunedì alla domenica dalle 10 alle 19. Orari festività: 25 dicembre chiuso; 31 dicembre aperto fino alle 13; 1° gennaio aperto dalle 14.
Biglietti: 6 euro intero; 3 euro ridotto, ridotto scolaresche, un euro ad alunno. Visite guidate ogni domenica ore 15, cinque euro a persona. (Il biglietto comprende Museo di Borgo Castello + Casa Morassi + Palazzo Attems Petzenstein).
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