Sfregio al Consolato della Slovenia di Trieste: sulla scritta d’odio ora indaga la Digos
Telecamere al vaglio. La condanna della presidente Pirc Musar: «Inaccettabile». Il sindaco: «Gesto che rimanda a un passato oscuro». Il Pd: «Sono rigurgiti vergognosi»

Una scritta d’odio sfregia il Consolato generale della Repubblica di Slovenia a Trieste. Il vergognoso cartello di insulto è comparso martedì mattina, affisso alla targa della sede diplomatica, in via del Teatro Romano 24, in pieno centro città. «Consolato dei slavi di m. . .» si leggeva sull’insegna affissa presumibilmente durante la notte da uno o più vandali ancora senza nome.
Autori ignoti che prima hanno vergato a mano, con un pennarello nero su un cartoncino, l’insulto e poi lo hanno appiccicato all’ingresso utilizzando del nastro adesivo di colore rosso. Sul caso indaga ora la Digos triestina, che sta acquisendo le immagini delle cinque telecamere installate proprio all’ingresso della sede.
«È un attacco grave e inaccettabile», ha commentato in un post su X la presidente della Repubblica slovena Nataša Pirc Musar, venuta più volte in Friuli Venezia Giulia, anche di recente in occasione degli appuntamenti di Go! 2025, prima capitale europea della cultura transfrontaliera.
Najostreje obsojam žaljivi zapis na Generalnem konzulatu RS v Trstu. Gre za grob in nedopusten napad na slovensko avtohtono narodno skupnost v Italiji in s tem na Republiko Slovenijo. Prepričana sem, da bodo to strahopetno dejanje, v duhu dobrih medsosedskih odnosov, italijanske…
— Nataša Pirc Musar (@nmusar) August 5, 2025
Se il messaggio di Go! 25 è ribadire la pace e la convivenza tra le culture, la scritta comparsa a Trieste va in senso opposto, rispolverando vecchi conflitti che si ritenevano superati. Evidentemente non è così, tanto più se il bersaglio scelto è una sede istituzionale.
I primi a imbattersi nel cartello, alle 9, sono stati alcuni dipendenti del Consolato generale della Repubblica di Slovenia. E subito è scattata la segnalazione alla Polizia. Il caso è in mano alla Digos. Il palazzo è munito di videosorveglianza. La presenza degli occhi elettronici è ben segnalata, eppure non è bastato a scoraggiare gli autori dell’incursione. Gli investigatori stanno acquisendo i filmati, nella speranza di ricavarne elementi utili alle indagini. Saranno gli accertamenti a stabilire se si è trattato di una bravata o se la grave azione rientri piuttosto in una manovra più ampia di istigazione all’odio nei confronti della comunità slovena.
Il Consolato ha preferito non commentare il gesto, in attesa degli sviluppi investigativi. Certo lo sdegno e l’amarezza sono palpabili in via del Teatro Romano, sede del Consolato dal 2019. In questi anni l’istituzione non aveva mai subìto un simile attacco, sferrato proprio in concomitanza con il percorso a braccetto della capitale europea della cultura. E a un mese dalla visita a Capodistria del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che a settembre inaugurerà insieme all’omologa Pirc Musar l’anno scolastico del Collegio dei Nobili con l’intento di sottolineare ancora una volta l’importanza delle minoranze e del dialogo.
Unanime e transfrontaliera la condanna al raid xenofobo. «Condanno l’atto con la massima fermezza l’atto – ha scritto su X la presidente slovena –. Confido che le autorità italiane, nello spirito delle buone relazioni di vicinato, affronteranno tale vile gesto con la massima serietà».
Indignazione condivisa anche dal sindaco di Trieste Roberto Dipiazza: «Mi auguro che l’autore sia presto assicurato alla giustizia. Esprimo la mia vicinanza al Console sloveno, al personale della sede di rappresentanza e alla comunità slovena di Trieste, parte integrante della città. Tali gesti rimandano ad un passato oscuro, figlio di un tempo ormai superato grazie a collaborazione, pacificazione e fratellanza».
Anche la senatrice di lingua slovena Tatjana Rojc (Pd) va giù dura, come pure i consiglieri comunali dem di Trieste: «È un rigurgito di odio etnico». «Trieste non si merita episodi del genere, che evocano violenza e odio – sferza
segretario regionale della Skgz-Unione culturale economica slovena –. Tutto ciò dimostra che ci sono ancora frange, per quanto isolate, che vogliono rinfocolare i conflitti del Novecento».
«Bisogna stare sempre in guardia, non solo isolando chi alimenta le divisioni, ma coltivando i valori della collaborazione e della convivenza rispettosa, sul solco tracciato dai presidenti Sergio Mattarella e Borut Pahor», esorta Semolič alludendo all’iconica stretta di mano avvenuta il 13 luglio del 2020 tra i due capi di Stato davanti alla Foiba di Basovizza. Un gesto entrato nella memoria collettiva di due popoli che in quel momento si sono visti finalmente riconciliati. —
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