La morte di Mameli fa slittare l’udienza Alina

Il gup concede un termine al collega subentrato al legale della famiglia. Si torna in aula il 16 febbraio
Lasorte Trieste 13 05 05 - Tribunale - Avv. Mameli
Lasorte Trieste 13 05 05 - Tribunale - Avv. Mameli

Doveva essere il giorno dei rinvii a giudizio o delle archiviazioni. È stato invece il giorno in cui tutti (gup, pm, avvocati e indagati) si sono ritrovati in aula per darsi appuntamento alla prossima volta, all’udienza del 16 febbraio. Tutti meno uno. La scomparsa improvvisa del compianto “avvocato buono” Sergio Mameli, stroncato da un malore l’antivigilia di Natale, rallenta infatti l’iter giudiziario del caso Alina (riguardante il suicidio della trentaduenne ucraina in una cella del Commissariato di Opicina, dove era stata rinchiusa un sabato d’aprile del 2012 in attesa di essere espulsa una volta passato il week-end) e del filone-bis su 158 episodi di presunto sequestro di persona in quello stesso Commissariato. Ieri il giudice per l’udienza preliminare Giorgio Nicoli ha concesso un termine all’avvocato Laura Norcio, dello studio Camber (in cui pure Mameli aveva il proprio ufficio) rappresentata in aula dalla collega Debora Draghi, per perfezionare le cosiddette procure attraverso la Prefettura così da poter subentrare a Mameli nella chiusura della trattativa stragiudiziale che lui aveva condotto con il ministero dell’Interno per conto della famiglia di Alina, sostanzialmente già raggiunta a 150mila euro di risarcimento. «Ci siamo trovati a ereditare una situazione in uno stato molto avanzato che intendiamo chiudere anche per rispetto nei confronti del collega che ci ha preceduti, ma al momento non rappresentiamo la difesa della famiglia», ha precisato l’avvocato Norcio.

Se ne riparla dunque il 16 febbraio, nell’udienza in cui sono attese le richieste dei riti in caso di giudizio da parte dei difensori degli indagati (è presumibile possa prevalere una percentuale di abbreviati) posto che la richiesta del pm Massimo De Bortoli è nota. Il magistrato inquirente ha chiesto infatti il rinvio a giudizio di nove poliziotti. Per i tre “carcerieri” di Alina - gli assistenti capo Thomas Battorti e Roberto Savron e l’agente scelto Ivan Tikulin, assistiti rispettivamente dagli avvocati Francesco Murgia, Giorgio Carta e Gianfranco Grisonich - il pm configura l’ipotesi di reato di “morte come conseguenza di altro delitto”, ovvero la “violata consegna” dell’ordine di vigilanza venuto dall’allora capo dell’Ufficio immigrazione Carlo Baffi. Per il quale invece De Bortoli ha chiesto il rinvio a giudizio per sequestro di persona in concorso insieme all’allora vice di Baffi Vincenzo Panasiti, ad Alberto Strambaci, Cristiano Resmini, Alessandro De Antoni, e Fabrizio Maniago. I sei sono difesi rispettivamente dagli avvocati Paolo Pacileo, Giorgio Borean, Davor Blaskovic, Roberto Mantello (ne rappresenta due: Resmini e De Antoni) e Marco Meloni, quest’ultimo dell’Avvocatura dello Stato, che ha seguito anche la trattativa tra il Viminale e la famiglia di Alina. Si riserva infine di costituirsi parte civile l’avvocato Andrea Diroma, con i propri assistiti: quattro senegalesi che figurano tra le 159 parti offese, i quali hanno beneficiato del congelamento dei decreti di espulsione che li riguardavano.(pi.ra.)

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