Morì al San Polo per un’embolia, avviso di garanzia a 8 operatori

Sono indagati dalla Procura tre medici e cinque infermieri del Pronto soccorso. Angelino Santo, 48 anni di Sagrado, si era sentito male nella propria abitazione
Bonaventura Monfalcone-22.08.2018 Conferenza stampa e Pronto soccorso-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-22.08.2018 Conferenza stampa e Pronto soccorso-Monfalcone-foto di Katia Bonaventura

MONFALCONE Era deceduto nella sala di attesa del Pronto soccorso del San Polo. Angelino Santo, quarantottenne noto imprenditore commerciale nell’Isontino con la sua catena di panifici pasticcerie de “Il Forno Storico” condotta assieme alla moglie Teresa Prete, era giunto in ospedale la sera del 28 dicembre 2014.

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L’uomo s’era sentito male nella propria abitazione, a Sagrado, accusando dolore toracico e lungo l’intero braccio sinistro. La moglie aveva subito chiamato l’ospedale e la guardia medica di turno di fronte alle spiegazioni dei sintomi dell’uomo, l’aveva invitata a raggiungere il Pronto soccorso.

Da qui la corsa al San Polo a bordo del furgone della ditta. Una volta varcato l’ingresso del Pronto soccorso, il quarantottenne sorretto dalla congiunta, la situazione era precipitata, fino al punto di non ritorno. Angelino Santo era deceduto per edema polmonare acuto.

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Del caso se n’è occupata la Procura di Gorizia. L’avviso di conclusione delle indagini è stato notificato agli indagati nei giorni scorsi.

Si tratta di otto operatori sanitari, tre medici tra cui la guardia medica all’epoca in servizio, e cinque infermieri del Pronto soccorso. Si attende a questo punto l’udienza preliminare in ordine all’eventuale rinvio a giudizio.

Per tutti l’ipotesi di accusa contestata è quella di omicidio colposo in cooperazione, nell’ambito delle rispettive competenze professionali.

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La Procura, attraverso il pubblico ministero Valentina Bossi, sostiene su tutto che le manovre di rianimazione siano state eseguite troppo tardi, rispetto alla gravità dei sintomi manifestati dal paziente. Accusa ritenuta «infondata» dall’avvocato Riccardo Cattarini che rappresenta tutti gli indagati, eccetto la guardia medica: secondo il legale, l’uomo pare invece fosse ormai deceduto proprio appena arrivato al Pronto soccorso.

La pubblica accusa contesta invece le modalità nell’affrontare quell’emergenza, per la quale non sarebbe stata individuata l’effettiva portata della gravità già al momento dell’ingresso del paziente in ospedale.

Sul tappeto, dunque, le procedure alle quali il personale sanitario è tenuto ad attenersi e le tempistiche di intervento.

Quella sera c’erano altri pazienti in sala d’attesa.

Raggiunta l’accettazione, la donna aveva spiegato ai sanitari l’urgenza della situazione, tuttavia era stata invitata ad attendere la chiamata.

Insomma, il tempo trascorso sarebbe stato tale per cui la rianimazione cardio-polmonare sia stata eseguita in ritardo, pregiudicando la possibilità di salvezza del quarantottenne, è quanto in sostanza sostiene la pubblica accusa.

L’avvocato Riccardo Cattarini, da parte sua, contesta l’impianto accusatorio della Procura, sottolineando peraltro che «alcuni degli indagati sono stati addirittura erroneamente coinvolti nell’indagine, poiché non si trovavano al San Polo nelle ore in cui lo sfortunato paziente era stato preso in cura».

Il legale quindi rileva: «L’uomo era giunto in ospedale in condizioni gravissime, e con mezzi propri. Probabilmente era deceduto già appena fatto ingresso nella sala d’attesa del Pronto soccorso. I medici avevano eseguito cospicue manovre rianimatorie, senza alcun esito, in quanto verosimilmente a decesso già avvenuto. È evidente fin d’ora – conclude il legale – che la Procura abbia sollevato un’imputazione priva di ogni fondamento, dalla quale tutti gli indagati si difenderanno nel merito, posto che non vi era alcuna possibilità di evitare il decesso».—


 

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