Un mix di droga e disagio psichico nel passato del killer dei poliziotti

TRIESTE Droga. Violenze. E un disturbo psichico. Man mano che passano i giorni vengono a galla i trascorsi giudiziari e i retroscena sulla personalità disturbata di Alejandro Augusto Stephan Meran, il ventinovenne dominicano che venerdì ha ucciso in Questura a Trieste gli agenti Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, tentando poi di ammazzare altri otto poliziotti.
L’assassino era stato preso in carico da un centro di salute mentale in Germania, dove aveva vissuto. Stando a quanto è stato possibile apprendere, è stato protagonista di un almeno un episodio «violento» – di cui non si conosce la natura – che ha fatto scattare le cure psichiatriche, anche se non un vero e proprio ricovero. Alejandro Augusto prendeva psicofarmaci.
Un dato, questo, che trova conferma anche nelle indagini degli inquirenti a Trieste: nell’abitazione del criminale, durante le perquisizioni, sono spuntati medicinali di questo genere. Sul fatto che il ventinovenne dominicano fosse in trattamento presso una struttura sanitaria tedesca, ci sarebbero prove documentali. Nel passato di Alejandro Augusto, sempre all’estero, spuntano anche indagini per droga.
Restano ancora aperti, invece, gli interrogativi sulla sua abilità nell’utilizzo delle pistole: dove ha imparato, il criminale, a sparare? Dalle ricerche non traspare alcun collegamento con le armi. Almeno non apparente. Possibile, dunque, che quella dimestichezza e rapidità nel togliere la sicura e scarrellare le pistole possa derivare, piuttosto, da una frequentazione assidua di siti web, dove abbondano i video su come si azionano le armi. Per non parlare dei videogiochi di ultima generazione, ormai al limite della realtà, o delle armi giocattolo molto simili a quelle vere.
In Italia l’assassino risulta invece incensurato e titolare di una carta di soggiorno ottenuta un paio di anni fa dalla Questura dell’Aquila dove aveva abitato nel 2015, ospite di un centro di accoglienza a Roio Poggio per richiedenti asilo. Nel 2016 il dominicano si è trasferito nel trevigiano, per poi spostarsi a Ponte nelle Alpi in provincia di Belluno e quindi a Trieste.
Gli accertamenti continuano. Così come le indagini sulla tragedia. Il drammatico video diffuso in questi giorni mostra chiaramente l’agilità e la prontezza con cui agisce l’assassino. Dopo aver sparato all’agente Rotta (non ci sono registrazioni su quel momento), il ventinovenne fa irruzione in uno stanzino usato dai poliziotti delle volanti per le persone sottoposte a fermo. Guarda dietro alla porta, come se cercasse una via di fuga. O qualcuno? Cerca forse il fratello? Carlysle è nell’ufficio accanto, terrorizzato. E si barrica dentro: «Sentivo gli spari, poi sentivo mio fratello che chiamava il mio nome e gridava “mi volevano uccidere” – ha raccontato Carlysle agli inquirenti – e sentivo che correva avanti e indietro per l’intero corridoio». Carlysle si nasconde nei sotterranei, mentre il fratello con entrambe le armi in mano raggiunge l’atrio della Questura. E spara ad altezza uomo contro i poliziotti che vede, ferendone uno alla mano. Così fa anche all’esterno dell’edificio, prima di essere neutralizzato con una pallottola all’inguine.
Svelato, inoltre, il dubbio dei piedi scalzi del criminale: un dettaglio, questo, che non sfugge a una visione attenta del video diffuso dalla Polizia. In effetti il criminale era stato portato in Questura con le infradito ai piedi, che evidentemente ha poi perso durante la colluttazione con l’agente Rotta o mentre scappa.
Sul fronte delle indagini, infine, la Procura dovrebbe aver già sentito l’assistente capo Cristiano Resmini, l’agente ferito alla mano nel corso della sparatoria nell’atrio della Questura, e il sostituto commissario Michele De Toni, il poliziotto della Mobile che è riuscito a fermare l’assassino sparandogli all’inguine. Oggi, inoltre, l’anatomopatologo riceverà dalla Procura l’incarico per l’autopsia su corpi delle due vittime.
Da quanto risulta, gli inquirenti intendono anche avviare accertamenti più approfonditi sulla rapina dello scooter in via Carducci, messa a segno da Alejandro Augusto la mattina della tragedia. «Ho visto arrivare un giovane di colore – ha riferito la testimone che ha chiamato i soccorsi – ha spinto la ragazza che era in sella ed è fuggito con il motorino». —
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