Gassman porta Trieste in Laguna con "Non odiare"
TRIESTE Trieste è sbarcata ieri alla Mostra del Cinema di Venezia con un bel film contro l’intolleranza: “Non odiare”, opera prima di Mauro Mancini interpretata da Alessandro Gassmann, unico titolo italiano in concorso alla Settimana della Critica. In “Non odiare”, girato nel centro di Trieste e a Melara lo scorso autunno, Gassmann interpreta il chirurgo ebreo Simone Segre che assiste per caso a un incidente stradale. Sta per soccorrere l’autista gravemente ferito, quando si accorge che l’uomo ha tatuata sul petto la svastica nazista: in un lampo, decide di non intervenire e lasciarlo morire. Simone scopre che l’uomo ha tre figli che abitano in un quartiere popolare e faticano a sbarcare il lunario: la ventisettenne Marica (Sara Serraiocco), l’adolescente Marcello (Luka Zunic), neonazista come il padre, imbottito di pregiudizi contro gli ebrei e gli immigrati, e il piccolo Paolo. Preso dal senso di colpa, senza rivelare la sua identità Simone assume Marica come donna delle pulizie, entrando nella loro vita come mai avrebbe immaginato. Una storia forte e attualissima, recitata in sottrazione (nel cast anche il triestino Lorenzo Acquaviva in un ruolo secondario, ma d’impatto), nata da una vicenda di cronaca: «Il nazifascismo e le persecuzioni razziali sono ancora un nervo molto scoperto», spiega il regista. «“Non odiare” potrebbe essere preso come nuovo comandamento laico. È un film sulle contraddizioni umane. Tutti sono vittime e carnefici, tutti odiano e vengano odiati. Spero che porti lo spettatore a porsi delle domande, a non essere più indifferente verso gli episodi di razzismo».
Insieme al film, al cinema il 10 settembre, ha debuttato al Lido anche Melara, con i suoi corridoi e le sue vedute inedite sulla città, sfondo affascinante delle vite di Marica e i suoi fratelli. «Ho condiviso l’idea di girarlo a Trieste per la sua particolarità», dice Gassmann. «E sono entrato per la prima volta nella sinagoga di Trieste, la più grande d’Europa: è stata una grandissima emozione». Anche perché “Non odiare” ha per lui anche un forte significato personale: «La madre di mio padre era ebrea, due sue cugine durante il Ventennio furono deportate e uccise campi di concentramento. Mio padre Vittorio ha sempre evitato di parlare di quel periodo della sua vita, per lui erano ricordi traumatici. Le stesse paure che albergano anche nel mio personaggio. Mi interessava affrontare questo argomento in un momento in cui gli odi razziali riaffiorano. Basta guardare cosa sta succedendo negli Stati Uniti, il momento più buio della loro storia recente».
Simone Segre, il suo personaggio, fa una scelta controversa: «Mi sono chiesto cosa avrei fatto se fossi stato in lui: salvare o no una persona che ha fra le sue idee quella di abbattere e uccidere le minoranze? Io l’avrei salvato. Da giovane sono stato un irrequieto, anche una persona aggressiva con chi, mi pareva, mi arrecava offesa o prepotenza. Non lo sono più. Ci sono arrivato con la lettura, con il cinema: non dobbiamo vedere chi non la pensa come noi come un nemico da abbattere, ma come un avversario con cui dialogare per capire dove nascono le sue idee. Solo così potremo cercare una soluzione». Per entrare nel ruolo del giovane neonazista Marcello, il bravissimo esordiente Luka Zunic racconta di essersi rasato i capelli due mesi prima del set: «Non sapevo nemmeno che esistesse il neonazismo: io e i miei amici non ci siamo mai interessati alla politica», dice. «Ma dopo aver fatto il film ho cominciato a notare il fenomeno intorno a me».
Il regista ha scelto un finale non conciliante, «perché nella vita non sempre tutto si riconcilia. Marica, che si fa carico anche del piccolo Paolo, rappresenta tutti noi: non possiamo essere indifferenti di fronte a un immaginario che, un po’ ovunque nel mondo, si sta ricostruendo di nuovo sulla simbologia nazista». —
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