La Procura chiede il fallimento dell'Unione

A chiusura di un'udienza a tratti infuocata nell'ufficio del giudice Merluzzi, il pm Chergia ha chiesto il fallimento d'ufficio sulla base di uno stato d'insolvenza. Ogni trattativa di compravendita con Silvano Favarato che ruotava attorno a una presunta fidejussione solida è di fatto saltata
Vecchie facce in Tribunale per il fallimento della triestina: Di Piero e, più lontano, Pontrelli (foto Lasorte)
Vecchie facce in Tribunale per il fallimento della triestina: Di Piero e, più lontano, Pontrelli (foto Lasorte)

TRIESTE Marco Pontrelli ha fatto il giro di Foro Ulpiano in 120 giorni. Giorni al termine dei quali, ieri, il pm Maddalena Chergia ha chiesto al Tribunale civile per conto della Procura il fallimento d’ufficio della Triestina per insolvenza. Spalancando le porte, forse, a un esercizio provvisorio del club in vista di una sua messa all’asta giudiziaria da una inevitabile base low-cost.

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il presidente Pontrelli

Quello dell’attuale presidente dell’Unione 2012 è stato però un giro a vuoto. Come una pedina in balia del tabellone del gioco dell’oca è tornato alla casella del “via”, da dove era partito quel 30 settembre 2015 quando l’avvocato Dario Lunder, per suo conto, aveva avanzato al giudice Riccardo Merluzzi la richiesta di poter presentare al Tribunale un piano di concordato, ovvero un progetto di “sdebitamento” per lo meno parziale dell’Unione per tentare di evitarle il crac.

I sessanta giorni più ulteriori sessanta di tempo previsti dalla legge per depositare quel piano si esaurivano ieri. Tempo scaduto. E pazienza se nel frattempo s’era fatto avanti Silvano Favarato, patron in pectore mai divenuto patron effettivo nonostante trattative proseguite fin alla notte della vigilia della dead-line, ruotate tutte attorno alla fantomatica seconda fidejussione “buona” che Favarato sosteneva d’avere.

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Silvano Favarato

E così ieri è stato Pontrelli a entrare nell’ufficio del giudice Merluzzi, da presidente e amministratore unico in carica, e qui ha rinunciato a quella richiesta di concordato che lui stesso aveva avanzato quattro mesi fa. Confidava, si può forse tentare di interpretare il suo pensiero, che alla fine il progetto lo avrebbe dovuto mettere sul tavolo del magistrato qualcun altro come suo successore. Impossibile, indipendentemente dal fatto che a doverlo fare fosse Pontrelli o Favarato, presentare un concordato che presupponeva in questo caso il ripiano di una buona quota di quel mezzo milione e passa di debiti (la cifra balla, ci sono centinaia di migliaia di euro sotto contestazione), senza poter avere in tasca i denari né evidentemente lo straccio di una fidejussione “buona”.

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L’udienza, fissata a mezzogiorno e mezza, è durata quasi tre ore su corde tese, tiratissime. Il giudice Merluzzi, sentita la retromarcia di Pontrelli (nell’occasione accompagnato a Foro Ulpiano dal suo “finanziatore” storico Pangrazio Di Piero), seguendo la norma ha preso poi atto dell’assenza di istanze di fallimento “di parte”, cioè di creditori spazientiti (Favarato e non solo Pontrelli prima di lui avevano disinnescato la mina pagandone alcuni, il che fa di Favarato ora un creditore a sua volta della Triestina di Pontrelli).

I delegati dello studio del’avvocato Giovanni Borgna - che rapresenta tre creditori - hanno formalizzato l’intenzione di non chiedere il fallimento. A quel punto è seguita un’ulteriore presa d’atto: Favarato, ieri assente e rappresentato dal suo team di avvocati e commercialisti, non aveva più titolo a sedere al tavolo. Revocata la procura che aveva, l’ufficio di Merluzzi s’è svuotato.

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Dentro, davanti al magistrato delegato alla procedura e a un coadiutore di giustizia, sono rimasti il pm Chergia, il commissario giudiziale Giuseppe Alessio Vernì con la collaboratrice Alessandra Pozzi Mucelli, e poi Pontrelli con l’avvocato personale Maurizio Branchicella e l’avvocato Lunder, legale della Triestina e colegale di Pontrelli. Ed è lì che l’udienza si è fatta più calda. Il pm, anche sulla base del lavoro svolto in questo mese da Vernì, ha relazionato sullo stato patrimoniale (e debitorio) della società chiedendone il fallimento per stato di insolvenza, azione subito contestata da Pontrelli.

Il giudice Merluzzi ha così chiuso l’udienza: l’ultima parola infatti, sempre per legge, spetta a un collegio. Vi fanno parte, oltre a Merluzzi, i giudici Arturo Picciotto (presidente) e Daniele Venier (a latere). Il decreto con la loro decisione è atteso con ogni probabilità all’inizio della settimana che verrà. Se la richiesta del fallimento verrà respinta Pontrelli continuerà a essere padrone dell’Unione.

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Silvano Favarato

Se sarà invece fallimento allora uscirà praticamente di scena: verrà nominato un curatore fallimentare (potrebbe essere lo stesso Vernì) chiamato presumibilmente a portare avanti la vita quotidiana della squadra in cosiddetto esercizio provvisorio, anche secondo le norme sportive della Figc, grattando ogni cosa possa avere un senso finanziario.

Posto che un patrimonio da mettere sul piatto non c’è, resta una serie di crediti (Iva e privati), computer e macchinari vari (pochi), oltre al valore intrinseco della squadra. Al di là del cosiddetto attivo contabile, e attorno a questo valore intrinseco, si giocherà la “presa” eventuale della Triestina, con un acquisto o un affitto d’azienda non è dato sapere. Potrebbe insomma essere vicina l’ora dei vari Milanese, Vascotto, Zanmarchi, Todaro e, chissà, ancora Favarato.

 

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