Se si va alle urne la Slovenia vicina alla Grossekoalition tra destra e centro

LUBIANA Ora è tutto nelle mani di Janez Janša. Dopo la pubblicazione degli ultimi sondaggi (i primi dopo le dimissioni del premier Marjan Šarec) il quadro politico che ne esce è quello di un bipolarismo con l’esclusione di ben tre partiti che attualmente siedono ai banchi della coalizione di governo (dimissionario). Venti deputati perderebbero il “lavoro” e la situazione rischierebbe di rimanere ingovernabile con Janša che vincerebbe le elezioni (come ha già fatto alle ultime politiche), ma potrebbe anche restare fuori dal governo (come è avvenuto nell’attuale moribonda legislatura). Cosa fare allora? Il primo giro di consultazioni del capo dello Stato Borut Pahor si è concluso ieri e dal suo gabinetto fanno sapere che non si esclude una seconda tornata visto che il termine ultimo per il presidente di nominare il nuovo premier incaricato scadrà il 28 febbraio.
I numeri dei sondaggi di Mediana per il quotidiano Delo di Lubiana parlano chiaro visto che è diminuita di ben il 10% la quota dei cosiddetti indecisi ora assestatasi al 14,5%. Se si votasse oggi il Partito democratico (Sds destra populista) di Janša avrebbe il 18,2% dei suffragi, seguita dalla Lmš del premier dimissionario Šarec (centro) con il 16,3%. Al terzo posto appaiate con il 7,9% Levica (sinistra) e i socialdemocratici. Nuova Slovenia (Nsi-destra cattolica) racimola il 4,1% pelo pelo per entrare in Parlamento. Tutti gli altri partiti sono ben sotto la soglia di sbarramento tra cui anche la Smc dell’attuale ministro degli Esteri Miro Cerar, il Partito dei pensionati (Desus) e l’Alleanza per Alenka Bratušek (attuale ministro delle Infrastrutture). Qualche speranza per l’estrema destra (Sns) di Zmago Jelinčič che viaggia sul 3,6%.
Dopo le consultazioni del presidente Pahor oggettivamente la sensazione è che il voto anticipato si avvicini sempre di più per la Slovenia, considerato poi che sempre un sondaggio del Delo, mostra come il 62,8% degli interpellati è propenso ad andare alle urne piuttosto che vedere la nascita di un nuovo esecutivo. I cittadini chiedono una riforma sanitaria che sia in grado di risolvere il problema delle liste d’attesa, una riforma del mercato del lavoro e norme in merito all’edilizia agevolata. Tutti temi che gli elettori vivono ogni giorno sulla propria pelle.
Janša, per ora, segue in silenzio lo svolgersi dei fatti. Attualmente un nuovo governo potrebbe essere guidato solo da lui (e Pahor lo sa bene) e formato in coalizione con la Smc, (prolungherebbe così la sua vita politica di due anni e mezzo), la Nsi, e Desus. Ma rimaniamo nel campo delle ipotesi visto che nessun passo concreto è fin qui andato in questa direzione per cui non si esclude un secondo giro di consultazioni del capo di Stato proprio per permettere ai partiti di parlarsi. Oggi Janša vedrà il leader della Smc Počivalšek e quelli di Nsi e Desus. Dagli ultimi due la risposta dirimente tra nuovo esecutivo o voto anticipato. E se ne uscisse una “ics” rimarrebbe ancora sul piatto il secondo giro da Pahor.
Un altro dato di fatto è che il cosiddetto “anti-janšismo” è oramai finito. Il leader della Sds si dimostra politically correct, disposto alla mediazione e al dialogo politico. Per cui non è escluso che se si andasse al voto e i risultati sarebbero vicini a quelli dei sondaggi (solitamente affidabili in Slovenia) la Sds e la Lmš di Šarec possano dare vita a una sorta di Grossekoalition con i numeri per formare un governo di legislatura. Insomma, da qualsiasi parte la si voglia leggere questa crisi passa per Janša. —
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